PETER GREENAWAY

Peter Greenaway è un regista, pittore e sceneggiatore gallese. È considerato come uno dei più significativi cineasti britannici contemporanei, fra i più importanti registi sperimentali viventi e occupa di diritto un posto centrale nel dibattito sul cinema d’autore. Influenzato dal Rinascimento e dalla pittura barocca e fiamminga, crea pellicole che basano tutta la loro forza espressiva sulla composizione scenica, l’illuminazione e i contrasti fra costume e nudità, architettura e natura, oggetti di scena e persone, piacere sessuale e dolorosa morte. La storia colpisce al cuore, l’arte cura la ferita. Ma con tutte le varianti possibili e immaginabili: l’arte nella storia, l’arte nella precarietà dell’esistenza, l’arte come difetto, l’arte come esempio di costume e politica.

Con film diversissimi nella struttura, questo grande maestro della settima arte rilancia un imprescindibile valore di recupero della parte “visiva” del cinema. Arrabbiato con l’umanità e affamato di estetica pura, precipita anche nello scabroso pur di mettere sulla stessa tavolozza i suoi pensieri, fra concitazione e linguaggio aristocratico, raffinatezza e morbidezza di movimenti di cinepresa, ma senza attenuare la prossimità del dolore dei personaggi o delle vicende narrate. (testo di Fabio Secchi Frau su www.mymovies.it).

I misteri del giardino di Compton House (1982), Lo zoo di Venere (1985), Il ventre dell’architetto(1987), Giochi nell’acqua(1988, vincitore al Festival di Cannes del premio per il miglior contributo artistico) e Il cuoco, il ladro, sua moglie e l’amante (1989) sono i suoi titoli più noti. E ancora L’ultima tempesta(1991), Il bambino di Mâcon (1993), I racconti del cuscino (1996), l’omaggio felliniano 8 donne e ½ (1999), Nightwatching (2007) e Goltzius and the Pelican Company (2014). Sconfinata la produzione di corti e documentari. Oltre a ciò, il poliedrico regista ha creato una serie di installazioni artistiche che hanno girato il mondo intero, fra cui Peopling the Palaces alla reggia della Venaria Reale, animandola con 100 videoproiettori. L’anno precedente, aveva iniziato una serie di ambiziose installazioni digitali intitolate Nine Classical Paintings Revisited, mentre nel 2008, era riuscito a creare una one-night performance remixando L’ultima cena di Leonardo da Vinci nel refettorio di Santa Maria delle Grazie di Milano. Ha poi esposto una sua versione digitale di “Le Nozze di Cana” di Paolo Veronese nell’ambito della Biennale di Venezia del 2009. Un progetto che i critici d’arte hanno definito all’unanimità “la migliore lezione di storia dell’arte senza insegnante che un uomo possa avere”.